15 Luglio 2021
Onboarding di successo, un caso studio internazionale: JE Dunn e l’adozione di SAP SuccessFactors
I dati parlano chiaro: negli Stati Uniti, ogni anno, più del 25% della popolazione attiva cambia lavoro e, solo nelle Fortune 500, sono mezzo milione i manager che lasciano, in cerca di nuovi ruoli. E probabilmente hai già letto molti articoli riguardanti “The Great Resignation“, mantra coniato per la prima volta dal professore della Texas A&M University Anthony Klotz e ripetuto su tutti i social media.
Klotz sostiene: “Quando c’è incertezza, le persone tendono a rimanere ferme, quindi ci sono dimissioni represse che non sono avvenute nell’ultimo anno”. La teoria alla base della previsione di Klotz è che le persone si siano rifugiate nel loro lavoro per oltre un anno, affrontando la pandemia a testa bassa, mantenendo le loro posizioni, mentre oltre 80 milioni di americani perdevano il lavoro.
Ed ora, le persone che avevano pianificato di lasciare il lavoro prima della pandemia, ma hanno deciso di trattenersi a causa dell’instabilità causata dal COVID-19, stanno riprendendo la ricerca di nuove opportunità. Di conseguenza, l’arretrato di dimissioni accumulato negli ultimi 18 mesi sta cominciando a ridursi.
Con questi presupposti, è facile capire perché persino i Top Employer sperimentino un cost of loss che arriva fino al 150% dello stipendio lordo. Sommando tutte le dinamiche, cerchiamo di approfondire il primo aspetto fondamentale per gestire questo esodo di talenti: considerando che l’86% dei neoassunti decide di andarsene nei primi sei mesi, il primo passo è migliorare la prima impressione, affinché non sia anche l’ultima.
Per farlo, serve un Onboarding che sviluppi il senso di appartenenza affiancando lo studio di policy e processi a quello della cultura d’impresa e che si estenda ben oltre la prima settimana di inserimento, affiancando il neo-assunto per un periodo molto più consistente. In questo modo, come rilevato da Gallup, Aberdeen, ATD, Linkedin e altri, si può accelerare il raggiungimento della piena produttività fino al 34%. Ma il giusto percorso di inserimento implica anche l’adoption di tecnologie adeguate e, non a caso, l’88% delle aziende usa già piattaforme ad hoc.
Tra queste, per rimanere nel contesto statunitense, anche JE Dunn construction (Kansas City, MO) che, implementando le soluzioni SAP SuccessFactors, aveva giocato in anticipo, iniziando a standardizzare i processi, migliorare i KPI HR e razionalizzando i costi dell’intera organizzazione.
Dall’efficientamento dei piani di inserimento a quello dell’impresa
Optando per gli applicativi HR leader di mercato, il Gruppo è riuscito non solo ad avere una visione concreta ed evidence based dei processi di Onboarding, ma a tracciarli, partendo proprio dai People Analytics per quantificarne l’impatto. Dall’analisi è risultata innanzitutto una drastica riduzione dei tempi di inserimento, stimata intorno all’80%, e un calo consistente degli effort operativi a carico a degli HR manager che, liberati totalmente dai flussi ripetitivi e non strutturati anche a livello di off e cross-boarding, hanno potuto concentrarsi su compiti di valore.
Ma la completa dematerializzazione e digitalizzazione è ovviamente connessa anche a un incremento di produttività dei nuovi entrati che, avendo a disposizione piattaforme di formazione e di contact e document management già nella fase di recruiting, sono anche meno propensi a quel turnover critico, che si verifica nei primi 6-12 mesi. Da non dimenticare, poi, l’ottimizzazione al lavoro da remoto e di acquisti e approvvigionamenti, con conseguente risparmio sulle funzioni specialistiche come help desk e sui costi di acquisto e distribuzione degli asset aziendali.
Perché e come le organizzazioni investono in Onboarding
Considerando le importanti efficienze che si producono semplicemente cambiando modello di Onboarding, non è difficile comprendere perché, come appurato dal Top Employer Institute, le imprese tendano a investire digitalmente in quest’area, più che in ogni altra funzione HR. In particolare, per ottenere l’auspicato ROI, i progetti toccano innanzitutto la formazione, dove il redesign dei contenuti e l’introduzione di aule virtuali e di programmi di coaching (buddy) e learning on the job diventano necessari per l’induction training delle diverse professionalità.
Altrettanto cruciali si rivelano poi il collegamento diretto agli applicativi di valutazione delle competenze, che spiega l’integrazione di SAP SuccessFactors Performance and Goals da parte di JE Dunn, e la realizzazione di un modello di social collaboration che faccia dialogare le differenti workforce. In questo caso, la compagnia ha puntato su SAP Jam, che agevola l’Onboarding creando gruppi di classi e accesso diretto a risorse e corsi online, per permettere ai neoassunti di condividere documenti e registrazioni video con superiori o colleghi e trovare risposta a ogni loro domanda.
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